Suona l'una Figli del Grande Spirito
Figli del Grande Spirito
Quando Cristoforo Colombo giunse in America, chiamò gli abitanti indios, nell'errata convinzione di essere giunto alle Indie; il termine è rimasto e ancora oggi sono chiamati indiani d'America, oppure pellirosse, per l'abitudine di alcune tribù di cospargersi di ocra rossa, ma l'espressione più corretta è "native americans" perché loro sono lì da sempre. Noi siamo arrivati dopo. All'arrivo dell'uomo bianco l'America del Nord è popolata da tre milioni di indiani: nelle foreste del Nord Est ci sono i Moicani e gli Irochesi, nelle praterie del Nord i Sioux e i Cheyenne, nelle pianure del Sud gli Apache e i Navajo. L'epopea del west si chiude con la resa dell'ultimo indiano ribelle, Geronimo, che nel 1886 viene mandato in prigione in Florida mentre i suoi Apache vengono spediti in Oklahoma, il deposito dei popoli indiani. Neppure la sfilata a cavallo di Geronimo, diventato una leggenda, durante la parata inaugurale del Presidente Roosevelt, servirà a comprendere il dramma vissuto dai nativi americani. Oggi tutte le tribù sono confinate nelle riserve, gli indiani, ovvero i nativi americani, sono 9,7 milioni (inclusi quelli che hanno solo una parte di sangue indigeno), pari al 2,9% della popolazione statunitense, comprendono più di 500 tribù e gruppi etnici riconosciuti dal governo federale USA, molti dei quali sopravvivono mantenendo proprie culture e identità e vivono soprattutto negli Stati a ovest del Mississippi. È pur vero che ci sono stati storici già a metà del secolo scorso che hanno iniziato a raccontare le loro vicende con uno sguardo più obbiettivo e poi ci sarà la controcultura della "beat generation" degli anni '50 e soprattutto il "flower power" degli anni '60 che produrrà una sia pur sempre parziale revisione della storia e della cultura dei nativi, revisione che produrrà film "anti western" come "Soldato blu", "Il piccolo grande uomo" e più tardi "Balla coi lupi". Di Valerio Corzani. Regia e cura di Filippo Travaglio e Federico Vizzaccaro.